Lo strabismo

Se chiediamo a qualcuno cosa è uno strabico, spesso ci sentiamo rispondere che consiste semplicemente nell'avere "gli occhi storti'".

Non è vero.

Lo strabismo è un fatto cerebrale, che comporta una serie di problemi di tipo sensoriale e la deviazione degli occhi non è che una sua conseguenza.

Una persona con gli occhi storti viene definita molto o poco strabica, a seconda dell'entità della deviazione, ma in realtà non si può essere "un po' strabici".

Lo strabismo c'è o non c'è.
Certamente una grande deviazione influenza l'aspetto estetico, ma dal punto di vista sensoriale non c'è nessuna differenza con un'altra lieve ed impercettibile.

Qualcuno di fronte ad una lieve deviazione parla di "Strabismo di Venere" per esaltare l'aspetto sognante, che questo conferisce all'espressione dello sguardo, ma attenti a non sottovalutare la cosa; è probabile che Venere fosse cieca da un occhio!

Se qualcuno adesso è disorientato di fronte a queste affermazioni vediamo di chiarire le cose e prima di tutto è necessario precisare in cosa consiste la "visione binoculare" e quali vantaggi può offrire agli animali, come noi umani, che ne sono dotati.

 

La visione binoculare

Molti animali, come gli erbivori, hanno gli occhi situati ai lati della testa e quindi vedono da un lato con un occhio e dall'altro con quello controlaterale, cosa che garantisce un campo visivo molto ampio.
Altri, come i felini, gli uccelli rapaci, le scimmie e quindi anche noi, hanno gli occhi situati frontalmente.
Il campo visivo è più ridotto, ma gli oggetti vengono visti contemporaneamente con entrambi gli occhi e questo crea qualche vantaggio, tra poco vedremo quale.

Se proviamo a chiudere prima un occhio e poi l'altro, ci accorgiamo che entrambi vedono le stesse cose, infatti i campi visivi dei due occhi sono quasi completamente sovrapposti.
In realtà abbiamo due occhi, ma vediamo un mondo soltanto e questo avviene perchè le immagini dei due occhi sono perfettamente sovrapposte.
Del resto basta che proviamo a fissare un qualunque oggetto davanti a noi e poi, con un dito, facciamo un po' di pressione su uno dei due occhi spostandolo lateralmente.
Vedremo sdoppiarsi l'oggetto che stiamo fissando, in pratica le figure dei due occhi si separano, ma quando l'occhio viene rilasciato le due immagini tornano esattamente a sovrapporsi.

Tuttavia dire che l'immagine che ogni occhio vede si sovrappone esattamente a quella percepita dall'altro è un po' troppo semplicistico.
In realtà il mondo che vediamo è frutto di una elaborazione cerebrale, che il nostro cervello esegue mescolando le informazioni visive che riceve contemporaneamente da entrambi gli occhi.

Questa facoltà, in termine tecnico definita "visione binoculare'', arricchisce la percezione visiva, soprattutto degli oggetti vicini, del senso di profondità, cosa che in termine tecnico viene definita "stereopsi'' e che si traduce in una migliore percezione delle distanze.


Provate a mettere il tappo su di una bottiglia, mantenendo aperti entrambi gli occhi, in genere riesce abbastanza agevolmente.
Provate adesso a fare la stessa operazione, ma con un occhio solo.
Vedrete che la cosa risulta un po' più difficile, perché è più complicato calcolare bene le distanze.

Spiegare perché tutto questo avviene non è così semplice, ma ci possiamo provare.

Quando osserviamo un oggetto vicino, diciamo a distanza delle mani, gli occhi devono deviare entrambi verso l'interno, in termine tecnico si dice che devono fare un movimento di convergenza.
Il nostro cervello conosce la distanza dei due occhi tra di loro e percepisce anche l'angolo di deviazione che devono eseguire per dirigersi verso l'oggetto fissato.

Conosce quindi un lato e i due angoli del triangolo che si forma tra gli occhi e il punto di fissazione, come mostrato nella figura.
La trigonometria, che il cervello conosce, anche se non l'abbiamo studiata, permette di calcolare la distanza dell'oggetto dagli occhi e di tradurla in "senso di profondità", che è quello che ci permette di calcolare bene le distanze, come quando vogliamo mettere il tappo su una bottiglia, come è stato descritto prima.

Uno strabico questo non lo riesce a fare ed è inutile cercare di spiegargli di cosa si tratta, sarebbe come descrivere i colori ad un individuo cieco dalla nascita.

La stereopsi permette quindi di valutare meglio le distanze, ma funziona solo con cose relativamente vicine, in pratica quelle che possiamo afferrare con le mani.
Quando guardiamo lontano gli assi visivi sono praticamente paralleli ed il calcolo delle distanze con il metodo trigonometrico che abbiamo descritto prima non funziona più.
Per calcolare le distanze degli oggetti lontani si utilizzano altri sistemi che non hanno a vedere con la visione binoculare.
Immaginiamo di guidare di notte e di volere sorpassare chi ci precede, ma un veicolo sta sopraggiungendo dalla direzione opposta. Dovremo calcolare se c'è lo spazio sufficiente per eseguire la manovra.
Se il veicolo che sopraggiunge è un'automobile la cosa riesce abbastanza facilmente, ma se è una moto tutto risulta molto più difficile.
Il motivo è semplice, siamo di notte, vediamo solo le luci e la distanza tra i due fari dell'auto che sopraggiunge ci dice quanto è lontana.
Se però c'è un fanale solo, come nel caso della moto, questo stratagemma non funziona più.
Come si può dedurre questo non implica la visione binoculare e può essere fatto anche con un occhio solo.

Quindi la contemporanea visione con entrambi gli occhi ci permette di calcolare meglio le distanze degli oggetti che sono a portata di mano e non è un caso che sia una prerogativa dei predatori, come i felini o gli uccelli rapaci che devono afferrare con le zampe gli animali che vogliono catturare.
Anche le scimmie hanno questa caratteristica perché devono afferrare i rami quando saltano da un albero all'altro e noi umani da loro l'abbiamo ereditata.

Gli erbivori, come cavalli zebre o antilopi, non ne hanno bisogno per brucare l'erba sul terreno, ma traggono un maggiore vantaggio dal campo visivo più ampio, che è dovuto alla posizione degli occhi ai lati della testa e che permette loro di "guardarsi alle spalle" per poter fuggire all'arrivo di un predatore.

Abbiamo visto che avere gli occhi frontali permette una visione binoculare e quindi una maggiore percezione delle distanze, ma inevitabilmente riduce l'ampiezza del campo visivo che nell'uomo è molto inferiore rispetto a quella di un cavallo.
Gli uomini però sopperiscono in parte a questo inconveniente con una maggiore mobilità oculare; sono in grado di spostare gli occhi da un lato e dall'altro molto di più di un qualunque erbivoro.
Questo però non lo possono fare i rapaci notturni che per vedere meglio al buio hanno sviluppato degli occhi molto grandi.
Questa limitazione è però compensata da una maggiore mobilità del capo.
Tutti avranno visto qualche filmato che mostra come una civetta sia in grado di girare la testa completamente all'indietro senza difficoltà.

Tra tutti gli animali di cui abbiamo parlato c'è l'interessante eccezione del camaleonte.
Questo è in grado di girare gli occhi in maniera indipendente, esplorando in modo molto efficace il campo visivo circostante.
Quando però si tratta di catturare una preda lanciando in avanti la lingua, gli occhi sono girati in posizione frontale, in modo da sovrapporre le immagini per una migliore valutazione delle distanze.

 

Lo sviluppo della funzione visiva

Adesso però per capire meglio le cose dobbiamo valutare come si sviluppa la funzione visiva, si perché quello che viene definito "dono della vista" in realtà è qualcosa che ci dobbiamo conquistare e che impariamo nei primi mesi di vita, anzi è meglio dire che possiamo imparare solo a questa età.
I neonati non sono ancora in grado di utilizzare i due occhi contemporaneamente, ma inizialmente questi funzionano in modo indipendente. Solo nelle prime fasi della vita imparano l'uso della visione binoculare, cosa che, se non viene appresa molto precocemente, non può più essere sviluppata in età adulta.
Fatta questa premessa possiamo dire che uno strabico è colui che, a livello cerebrale, non ha la capacità di usare i due occhi contemporaneamente e finisce così con l'utilizzarli indipendentemente, uno alla volta.
Più correttamente dovremmo dire che il cervello elabora l'immagine del mondo esterno utilizzando le informazioni che provengono da un occhio solo, scartando quelle dell'altro.
Ma dato che gli occhi sono entrambi diretti frontalmente e quindi in teoria vedono le stesse cose, cosa succede a quello che non viene utilizzato?
In termine tecnico si dice che l'occhio viene "soppresso".
Intendiamoci, non è che venga chiuso o coperto in qualche modo, semplicemente le immagini percepite vengono cancellate mentalmente.

Qualcuno può restare perplesso di fronte a questo fenomeno, che tuttavia non è così difficile da realizzare.
Chi spara con un fucile, quando prende la mira chiude un occhio, ma un tiratore esperto, diciamo un campione di tiro con la carabina, spesso non ha bisogno di farlo.
Con l'esperienza ha imparato a "guardare con un occhio solo", semplicemente sopprimendo l'altro, senza che ci sia bisogno di chiuderlo.

Non utilizzando i due occhi contemporaneamente lo strabico non ha più la necessità di tenerli dritti, prevalgono allora le tensioni muscolo tendinee e facilmente l'occhio, al momento non utilizzato, devia verso l'esterno o, più frequentemente, verso l'interno.
Si comprende adesso che l'entità della deviazione influenza l'aspetto estetico, ma non cambia nulla a livello sensoriale.
Verrà sempre utilizzato un occhio soltanto anche quando la deviazione, peraltro sempre presente, è di entità impercettibile.
Questo spiega anche perché un individuo con gli occhi storti non vede doppio, semplicemente perché sta guardando con un occhio solo.
Esistono comunque degli stratagemmi, che vengono utilizzati dall'oculista durante una visita, per evitare la soppressione e rilevare una visone doppia, che altrimenti passerebbe inosservata.

Alcuni strabici, quelli cosiddetti alternanti, non hanno una particolare predilezione per uno dei due occhi ed usano indifferentemente ora l'uno ora l'altro, anche se mai tutti e due contemporaneamente.
Il più delle volte, purtroppo e vedremo tra poco il perché, lo strabico utilizza per la visione sempre lo stesso occhio, in genere quello con la vista migliore, sopprimendo costantemente l'altro e a questo punto succede una cosa che, per essere spiegata, ha bisogno di qualche premessa.

Un bambino appena nato ha una visione abbastanza grossolana.
Intendiamoci gli occhi funzionano correttamente, ma a livello cerebrale non è ancora sviluppata quella capacità di elaborazione delle immagini che garantisce quella visione nitida a cui siamo abituati.
Questa si sviluppa nei primi mesi ed anni di vita, ma non avviene automaticamente, è necessario che gli occhi vengano utilizzati correttamente.

Immaginiamo per assurdo di prendere un bambino appena nato e di tenergli costantemente chiuso un occhio per andarlo a sbendare solo quando ha cinque anni di età.
L'occhio si presenterà normale, senza nessun tipo di alterazione anatomica evidente, la sua visione sarà però molto ridotta.
In pratica la capacità visiva di quest'occhio non si è potuta sviluppare ed ha quindi mantenuto quella grossolana tipica del neonato. Tecnicamente si dice che si tratta di un occhio "ambliope", quello che che in termine popolare viene definito occhio pigro.
I problema sta però nel fatto che quest'occhio non ci vedrà mai più.

Purtroppo è vero.

Non sappiamo esattamente cosa accade al cervello in fase di sviluppo, ma ci sono alcune funzioni cerebrali elevate e complesse, che richiedono necessariamente un apprendimento nelle prime fasi di crescita del sistema nervoso.
Un esempio è dato dal linguaggio, per cui se un bambino nasce sordo non potrà imparare a parlare e resterà sordomuto per tutta la vita, anche se l'udito viene riacquistato in età adulta.
Del resto noi grandi ci rendiamo facilmente conto che i bambini imparano più facilmente le lingue straniere o a esercitare funzioni complesse come suonare uno strumento musicale o semplicemente a digitare sulla tastiera di un telefonino.

La vista appartiene a queste.

Non è un dono che ci viene regalato, ma ce lo dobbiamo costruire nelle prime fasi della vita e questo richiede un corretto uso degli occhi.

D'accordo, nessuno chiude un occhio ad un bambino, ma immaginiamo che questo nasca con un difetto in un occhio solo, diciamo un astigmatismo.

Si accorgerà subito che la visione sfuocata, che da questo proviene, disturba quella dell'altro quando si vogliono fondere le due immagini e si renderà conto che è più conveniente usare solo l'occhio sano, sopprimendo quello astigmatico.

Questo equivale a chiudere un occhio, quanto basta per impedirne un corretto sviluppo e se questo non avviene entro i primi anni di vita poi non sarà più possibile recuperarlo.

Paradossalmente è meno grave se il difetto interessa tutti e due gli occhi, in questo caso infatti il bambino non sarà stimolato ad usarne uno solo e lo sviluppo sarà consentito per entrambi.

Un difetto di vista in un solo occhio o comunque molto più accentuato in uno dei due, rappresenta infatti la causa più frequente di strabismo e potrà portare ad una deviazione degli occhi, che tutto sommato spesso rappresenta un vantaggio, perché allarma i genitori che porteranno il figlio dall'oculista, permettendo in questo modo una diagnosi precoce.
Tuttavia non sempre la deviazione è evidente e questo può portare ad accorgersi del problema troppo tardi.

Purtroppo al momento della prima visita spesso ci si accorge che uno dei due occhi non è stato utilizzato e presenta quindi una visione ridotta, nonostante l'applicazione di occhiali che compensano l'eventuale difetto di vista.
La prima preoccupazione deve quindi essere quella di recuperare questo mancato sviluppo costringendo il bambino a guardare con l'occhio che non ha utilizzato fino ad allora e la cosa si ottiene semplicemente bendando l'altro, per qualche ora al giorno.
Certamente tutti avranno visto qualche bambino che indossa occhiali con una lente opaca o addirittura porta una benda adesiva su un occhio.
Quello chiuso è l'occhio buono e con questo stratagemma si vuole costringerlo a sforzare l'altro, che fino a quel momento è stato poco utilizzato.

Tutto questo in genere funziona e nel giro di qualche tempo il mancato sviluppo viene recuperato, ma tutto deve essere fatto quando il bambino è ancora piccolo, prima dei cinque o sei anni.
Più si va avanti con l'età e meno possibilità ci sono di ottenere un buon risultato.
Questo è il motivo per cui gli oculisti raccomandano di sottoporre a visita tutti i bambini a circa tre anni e mezzo.
Il motivo è semplice, a questa età si riesce ad avere una sufficiente collaborazione e si è ancora in tempo ad intervenire in modo efficace.
Molti genitori hanno l'abitudine di portare i bambini dall'oculista perché hanno cominciato le scuole e spesso rimangono meravigliati quando gli si dice che la situazione andava affrontata prima, sostenendo che il loro figlio ci vede benissimo perché riesce a vedere un uccellino sul tetto della casa di fronte o una moneta sul marciapiede guardando dalla finestra.

Attenzione, per vederci bene basta un occhio solo e non c'è genitore attento che si accorge di avere un figlio cieco da un occhio.

Allora la  prima cosa che si deve affrontare, di fronte ad un bambino strabico, è di accertarsi che la vista si sia correttamente sviluppata, ma spesso ci si rende conto che uno dei due occhi ha una visione ridotta a causa del mancato utilizzo, cosa che spesso è difficile spiegare ai genitori, spesso più preoccupati della deviazione estetica piuttosto che della riduzione della vista di uno dei due.
La prima preoccupazione sarà allora quella di cercare di recuperare la vista di quest'occhio e come si è detto il modo più semplice è bendare l'altro.

Se la cosa viene fatta in età precoce spesso questo porta a buoni risultati, nel senso che è possibile che la vista, inizialmente ridotta talvolta notevolmente, a poco a poco migliori fino a raggiungere anche valori normali.
Naturalmente con questo si intende l'acutezza visiva raggiungibile con gli occhiali.
L'occlusione non fa scomparire il vizio di refrazione, come l'astigmatismo o qualunque altro difetto inizialmente presente, per cui la necessità di portare occhiali rimane.
Spesso non è facile convincere di questo i genitori quando si cerca di spiegare che la vista è migliorata e di conseguenza si aspettano che l'uso degli occhiali possa essere eliminato o anche solo che il loro potere possa essere ridotto.

Il risultato funzionale migliore che in genere si può cercare di ottenere, oltre naturalmente a ridare all'occhio una capacità visiva normale, è quello di realizzare una alternanza, cioè fare in modo che il bambino impari ad utilizzare indifferentemente gli occhi, alternando la fissazione ora su uno ora sull'altro, senza più avere la preferenza su uno dei due.
Ben difficilmente si riuscirà ad assicurare anche una visione contemporanea con entrambi, realizzando quella visione binoculare che, se non è stata appresa nelle primissime fasi della vita, difficilmente è possibile ottenere.

Da notare che tutto questo non è destinato a migliorare la deviazione.
Questa eventualmente potrà essere corretta con un intervento, che spesso però finisce con l'avere solo una funzione estetica, senza modificare l'aspetto sensoriale dato che, anche se questo porta ad avere gli occhi perfettamente allineati, difficilmente riesce a farli funzionare contemporaneamente realizzando una visione binoculare, se questa non si è sviluppata nelle primissime fasi della vita.


Gli strabismi latenti

Quando guardiamo di fronte a noi gli assi visivi sono paralleli, cioè gli occhi sono dritti e questo permette alle immagini del mondo esterno di essere percepite contemporaneamente con entrambi.
Se chiudiamo gli occhi, o anche uno solo, questi in teoria dovrebbero restare nella stessa posizione ed in effetti è quanto avviene generalmente.
Ci sono però casi in cui le tensioni muscolo tendinee sono tali per cui questi, in condizioni di riposo, non sono perfettamente allineati, ma deviati verso l'esterno o verso l'interno.
Nel momento in cui gli occhi vengono aperti si genera allora una visione doppia, che però viene rapidamente compensata da un istintivo ed involontario movimento degli occhi, che li porta ad essere perfettamente allineati in modo da realizzare una visione binoculare.

Con questo fenomeno si definiscono gli "strabismi latenti" cioè quelle situazioni in cui gli occhi, quando non devono lavorare insieme perché almeno uno dei due è chiuso, non sono perfettamente allineati.
In termine tecnico si parla di "forie", distinte in esoforie od exoforie a seconda che gli occhi si posizionino deviati verso l'interno o verso l'esterno.

Si tratta quindi di individui che non sono strabici, nel senso che sono in grado di utilizzare i due occhi contemporaneamente e quindi di avere una corretta visione binoculare, ma questo è ottenuto solo grazie ad un movimento di correzione, che i muscoli oculari devono eseguire per non avere una visione doppia.
In termine tecnico si parla di "riflesso di fusione".

Questo però comporta un certo sforzo e può capitare che ad un certo punto la situazione si scompensi.
Lo sforzo comincia a diventare eccessivo e mantenere gli occhi dritti finisce con l'essere troppo faticoso per cui uno dei due devia verso l'interno o verso l'esterno, nella sua naturale posizione di riposo.
L'individuo finisce così con l'utilizzare un occhio solo.
All'inizio questo può comportare una visone doppia, ma rapidamente interviene la soppressione dell'occhio deviato che i bambini realizzano con estrema facilità.
Negli adulti un po' meno e la visione doppia in genere crea problemi maggiori, ma prima o poi anche loro imparano ad utilizzare un occhio per volta.

Lo strabismo latente a questo punto si è trasformato in uno strabismo vero e proprio con perdita della visione binoculare.
Si può cercare di riparare con esercizio ortottici, in pratica una sorta di ginnastica oculare per cercare dei recuperare la corretta posizione.
Altre volte si rende necessario un intervento chirurgico per riportare i bulbi oculari in asse.
Da notare che questi rappresentano i rari casi in cui questo permette di ripristinare una visione binoculare, che infatti è stata regolarmente appresa a livello sensoriale nei primi mesi di vita.
E' stata poi perduta a causa di problemi motori, ma poi è possibile recuperarla se gli occhi vengono riposizionati in modo tale da poter essere utilizzati contemporaneamente.